ATTIVARE RETI EDUCATIVE TERRITORIALI

Ennio Ripamonti

Il tema delle reti di collaborazione educativa è attualmente al centro di un intenso interesse teorico, metodologico e operativo. Se è vero che l’alleanza tra scuola e territorio è un vero e proprio must della riflessione pedagogica già a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, in questi ultimi anni sta conoscendo un notevole rilancio e interessanti riformulazioni. Ministeri, Regioni, Comuni e Fondazioni pubblicano bandi di finanziamento e linee guida operative in cui si parla espressamente di collaborazione territoriale, sussidiarietà, corresponsabilità e comunità educante. Un esempio emblematico di questo interesse è rappresentato dai Patti Educativi Territoriali finanziati con l’articolo 32 del DL 104/2020, in cui si fa espressamente riferimento alla necessità di considerare l’educazione «informale» e «non formale» come elemento strategico per ripensare la scuola, in linea con gli scenari disegnati dall’OCSE, come un vero e proprio learning hub, cioè un sistema formativo integrato e ampio, luogo di partecipazione per tutta la cittadinanza, motore di cultura e di educazione per l’intera comunità[1]. Ma questa visione è tutt’altro che scontata. Lo stesso modello inclusivo della scuola italiana, come mostra il dibattito più recente, richiede non solo di essere difeso ma decisamente sviluppato, in quanto rappresenta, con tutti i suoi limiti, il vettore principale della mobilità sociale, in un Paese in cui le disuguaglianze rischiano di acuirsi. Se è vero che le reti sociali si studiano da quasi un secolo, soprattutto in campo antropologico e sociologico, è a partire dagli anni 80 del Novecento che prende forma un approccio più decisamente orientato all’intervento, quello che si è cominciato via a via a chiamare “lavoro sociale di rete”. In quella fase storica, corrispondente ad un periodo di importanti riforme del welfare italiano, l’interesse prevalente era quello di favorire un maggior grado di collegamento e scambio fra i diversi servizi, in modo da contribuire a migliorare l’azione a favore degli utenti. Possiamo quindi parlare di una “prima stagione” del lavoro di rete come tessitura di rapporti fra diverse istituzioni in vista di una maggiore integrazione fra sociale, sanitario, assistenziale e educativo.

Per l’articolo completo (12 pagine) vai al sito della rivista Animazione Sociale n.372/2024