ACCOGLILI A CASA MIA

Paolo Biella, Ennio Ripamonti, Teresa Soldini
Publisher: Quaderni di Vita MCF

Il testo nasce dalla rielaborazione di percorsi e pratiche di accoglienza sviluppate nell’ambito di Mondo di Comunità e Famiglia (MCF), un’associazione di promozione sociale nata con l’intento di avviare e accompagnare esperienze di comunicazione, sperimentazione, riflessione e sintesi, tra le varie realtà che si ispirano e si interessano all’originaria ed originale esperienza di Villapizzone, i cui valori sono a fondamento[1].

Certo, parlare di accoglienza in questo tipo di contesto può sembrare fin anche scontato, considerando che “l’associazione è costituita da persone che vogliono vivere pienamente la propria vita in cammino con gli altri nel mondo in cui si trovano, non rimandando ad un domani ideale ciò che è possibile oggi”[2]. In altri termini l’accoglienza, in questo ambito, non è solo un orizzonte valoriale ma un vero e proprio paradigma fondativo. MCF si presenta oggi come un ecosistema fatto di persone, famiglie, comunità religiose ed esperienze lavorative che, vivendo un vicinato solidale, hanno generato e continuano a generare esperienze di incontro, cura e sostegno reciproco[3].

Una caratteristica qualificante di questo ecosistema è la sua apertura all’esterno, al territorio circostante, alla comunità più allargata. Nel corso del tempo l’associazione si è caratterizzata per la capacità di sviluppare la dimensione dell’accoglienza in famiglia in cui, anche in virtù delle emergenze sociali, si è iniziato a sperimentare forme di housing sociale destinati ad adulti o a nuclei famigliari in situazioni di fragilità, all’interno di percorsi mirati all’autonomia ed all’inclusione sociale.

Possiamo dire che l’accoglienza in famiglia rappresenti il carattere qualificante dell’esperienza di MCF, una prospettiva che viene sviluppata in sinergia e collaborazione con istituzioni pubbliche e altre realtà private o del terzo settore, in un’ottica di sussidiarietà e solidarietà capace di promuovere un nuovo modello di welfare comunitario e relazionale. Il recente progetto Accogli a casa mia si situa all’interno di questo itinerario storico e ne rappresenta un momento qualificante. Il progetto, infatti, si è espressamente concentrato sulla promozione e la diffusione di percorsi di accoglienza e integrazione in famiglia e in situazioni di prossimità con famiglie come alternativa possibile, in alcuni casi, al modello dell’accoglienza strutturata, come previsto dalla legislazione e dalle pratiche istituzionali attuali[4]

Attraverso il progetto è stato possibile contribuire all’affiancamento e alla formazione delle famiglie ospitanti nonché al sostegno economico dei percorsi di accoglienza specifici attraverso la copertura di una serie di costi (ad esempio: spostamenti, corsi, documenti). Oltre ad un obiettivo espressamente operativo (cioè, garantire una serie di percorsi di accoglienza con persone in condizione di difficoltà) il progetto mirava a stimolare il dibattito e la sensibilità pubblica rispetto al tema.

A questo scopo si è realizzato un percorso di ricerca e documentazione espressamente finalizzato a far conoscere e promuovere l’accoglienza familiare come modalità favorevole all’integrazione di persone vulnerabili provenienti da un percorso migratorio. La ricerca ha consentito di raccogliere le riflessioni e le considerazioni di una serie di famiglie di diverse realtà afferenti a MCF (tramite un ciclo di interviste di gruppo online) e di persone accolte (tramite l’elaborazione di contenuti espressi in una serie di videointerviste).

Ogni accoglienza, si sa, è un’esperienza umana di grande complessità, ancor di più se i protagonisti sono diversi e distanti da molti punti di vista: bisogni, interessi, condizioni esistenziali, valori di riferimento, background culturale, età e altro ancora. Diversità e distanza non impediscono però, come vedremo nel corso del racconto, che si possa verificare un incontro autentico e profondo, fatto di condivisione, sostegno, confronto, affetto e stima reciproca. Certo, non mancano i problemi, le incomprensioni, i fraintendimenti, le difficoltà, gli errori, gli inciampi. Tanto quanto i tentativi (più o meno riusciti) di superarli, di chiarire, si andare oltre, di crescere insieme.

Ogni percorso, come ogni relazione fra esseri umani, è unico e irripetibile e sono molte le variabili che entrano in gioco, a livello personale, famigliare, comunitario e territoriale. Al centro troviamo bisogni (ma anche dai sogni) di chi si trova in una condizione di vulnerabilità e che necessita un posto dove vivere, in cui sostare, con la prospettiva di ripensare e riprogettare la propria vita.

L’intreccio relazionale che rende possibile questa sosta è vasto e composito. Ci sono relazioni informali con la persona accolta, tra i membri della famiglia, tra vicini di casa e all’interno della comunità e nel territorio circostante e relazioni maggiormente formalizzate con servizi, istituzioni e altre realtà organizzate. L’idea alla base di questo Quaderno di Vita è rendere conto di questa intensità “facendo parlare” alcune esperienze di accoglienza in famiglia, senza necessariamente ridurle ad una unica voce né, tantomeno, volerle ricondurle ad un modello unico e uniformante.

Durante la ricerca, infatti, voci diverse si sono incontrate dando vita a una polifonia di punti di vista, nella maggior parte dei casi simili e in alcuni altri meno. Le persone accolte sono diverse, così come le famiglie, le comunità, i quartieri e le città in cui le accoglienze si sono realizzate. A partire da un’unica modalità, quella dell’accoglienza famigliare, i racconti e le riflessioni che seguono ci restituiscono un quadro composito e sfaccettato che non è riducibile alla semplice somma di opinioni e esperienze e che da forma ad una conoscenza, potremmo dire un sapere esperienziale di tipo collettivo.

La narrazione, l’analisi, il confronto e la condivisione stimolate dalla ricerca ci pare abbiano favorito una comprensione più profonda, articolata e critica dell’accoglienza familiare. Una comprensione che concede lo spazio necessario al racconto positivo, alla messa in luce dei molti punti di forza di un modo di fare accoglienza che si rivela quantomai interessante e generativo, ma che non rinuncia ad illuminarne i limiti, le difficoltà e le criticità. Ci auguriamo che il testo possa contribuire, nel suo piccolo, a rafforzare la cultura e le pratiche di accoglienza familiare sia a livello della società civile che nei confronti dei decisori istituzionali.

 

[1] Una vivida descrizione di questa esperienza si ritrova nel libro di Enrica e Bruno Volpi, Un’alternativa possibile. Villapizzone: le radici delle comunità familiari, Edizioni Monti, Saronno, 2012

[2] www.comunitaefamiglia.org “l’associazione”

[3] A dicembre 2023 Mondo di Comunità e Famiglia conta di 36 esperienze di comunità di famiglie o condomini solidali, 28 gruppi di condivisione, oltre 20 esperienze lavorative, 9 associazioni di Volontariato regionali (ACF)

[4] Ci riferiamo in particolare alla regolamentazione del Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), in precedenza SIPROMI e prima ancora SPRAR) che si rivolge quasi esclusivamente a migranti titolari di protezione e a qualche altra specifica categoria di richiedenti asilo, quali minori stranieri non accompagnati (MSNA) e persone che si trovano in particolari condizioni di vulnerabilità o chi siano entrato in Italia tramite corridoi umanitari o sistemi analoghi. A differenza dei centri governativi, gestiti esclusivamente dal Ministero dell’interno, la gestione del SAI è assegnata all’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e la titolarità dei progetti è in capo agli enti locali che, su base volontaria, attivano e realizzano programmi di accoglienza e integrazione