COMUNITÀ DISTANZIATE

Area Tematica:  Sociale

La cura è di casa: una rete di volontari a sostegno degli anziani

Com’è noto la popolazione over65 è stata la più esposta agli effetti dell’epidemia del Covid-19. Gli imprescindibili accorgimenti protettivi del distanziamento fisico possono avere un impatto rilevante sulla qualità di persone già esposte ad un alto tasso di solitudine. Fra i diversi tentativi di coltivare vicinanza e sostegno relazionale segnaliamo le pratiche messe in atto nell’ambito del progetto La Cura è di Casa nel territorio del Verbano-Cusio-Ossola (finanziato da Fondazione Cariplo).  La rete dei volontari territoriali si è trovata a riconfigurare le attività realizzate a domicilio con azioni a distanza mediate dal telefono. La relazione si plasma sui bisogni e le competenze specifiche della persona anziana nel vivere la situazione di isolamento. Il sostegno dei volontari prende varie forme: dalla mitigazione della solitudine alla corretta informazione circa l’epidemia, dalla soluzione di problemi concreti (la spesa, i pasto, la banca, la farmacia, la posta) alla condivisione di momenti sociali (il compleanno). Chissà se alcune di queste pratiche, figlie della necessità, potranno rappresentare un’innovazione utile anche dopo la crisi che stiamo vivendo.

FONDAZIONE VAL DI NOTO: GIOVANI VOLONTARI (E NON SOLO) PER IL SUPPORTO DEI PIÙ GIOVANI E DELLE LORO FAMIGLIE

L’energia di una comunità, in particolare quella dei più giovani, può mettersi in moto grazie alla passione di organizzazioni e cittadini e al loro impegno e cura per le nuove generazioni. La crisi che stiamo vivendo rischia di inibire questa energia, soprattutto a discapito di ragazzi e ragazze che vivono situazioni di svantaggio economico, sociale e culturale. Il pregio dell’iniziativa della Fondazione Val di Noto (nata in Sicilia con il sostegno della Fondazione Con il Sud) sta esattamente in questa capacità di continuare a coltivare legami di rete e opportunità di crescita e sviluppo, rinforzando i fattori protettivi e contrastando i processi di emarginazione (individuale e sociale). Per quanto, infatti, viviamo un’esperienze che ci accomuna (pandemia e isolamento) i suoi effetti psico-sociali non sono uguali per tutti. Per questa ragione oltre trenta giovani educatori e diversi volontari a partire da attività di sostegno scolastico a distanza, stanno accompagnando ottanta ragazzi e le loro famiglie a vivere al meglio questo momento di smarrimento, coniugando al meglio processi di apprendimento, autoefficacia e resilienza.

IL DIGITALE INDISPENSABILE: CONDIVIDERE STRUMENTI E SVILUPPARE COMPETENZE

Secondo una stima ISTAT di questi giorni circa un terzo delle famiglie italiane non ha computer o tablet in casa (in particolare nelle regioni del Sud) oppure, laddove almeno uno strumento è presente, solo ugualmente numerose le situazioni di sovraffollamento abitativo e scarso accesso alle reti wireless. Oltre alle iniziative di scala nazionale (https://solidarietadigitale.agid.gov.it/#/) si stanno moltiplicando i progetti locali che cercando di muoversi in questa direzione, come ad esempio la piattaforma messa in campo da alcuni giorni da un team di volontari di TEDxVarese per favorire l’incontro tra domanda e offerta di device e connettività locale rivolta alla comunità scolastica del territorio. Come scrivono i promotori del progetto “garantire pari opportunità di continuità di accesso all’esperienza educativa in questi giorni è fondamentale perché la pandemia ci rende “uguali” ma allo stesso tempo le dinamiche che genera rendono ancora più forti le differenze di possibilità tra le persone, come d’altronde avviene ogni volta che ci sono cambiamento forzati e basati sulle risorse esistenti”. Trovati gli strumenti, infatti, è fondamentale sviluppare le competenze per utilizzarli al meglio.

METTERE IN MOTO LA SOLIDARIETÀ CONDOMINIALE PER GARANTIRE OPPORTUNITÀ E BENESSERE

La nostra vita abbraccia un insieme di attività sociali, professionali, culturali ed affettive fondamentali per la promozione del benessere sociale e psicologico. Poter contare su reti di supporto e accedere ad opportunità culturali e professionali sono fattori di protezione essenziali per contrastare l’isolamento sociale e la povertà, prevenendo rischi per la salute fisica e mentale. L’introduzione del lockdown ha di fatto sollecitato l’urgenza di trovare modalità per mantenere vive e frequenti le interazioni quotidiane, anche attraverso l’uso di strumenti digitali. Non tutti godono purtroppo delle medesime possibilità di accesso a dispositivi e servizi tecnologici, imprescindibili per poter rispondere alle necessità quotidiane. Diverse sono le iniziative di sostegno strumentale che si stanno diffondendo nel territorio nazionale, attraverso pratiche di solidarietà collettiva. Ad esempio, la proposta del “Wireless solidale” promossa da diverse amministrazioni e progetti, che invita gli abitanti di condomini a rendere disponibile la propria connessione internet a bambini e ragazzi non in possesso, attraverso l’affissione di locandine dedicate. Anche a Milano si sta diffondendo questa pratica, assieme ad altre che incoraggiano a promuovere solidarietà tra condomini anche per ulteriori esigenze (come ad esempio fare la spesa ai vicini). Vi invitiamo ad esplorarle nell’ambito del programma QuBì, che mira a rafforzare in diverse aree della città di Milano la capacità di contrasto della povertà infantile, promuovendo la collaborazione tra le istituzioni pubbliche e il terzo settore attraverso numeroso iniziative territoriali.

“I CARE”: ESSERE PRESENTI NELLA DISTANZA 

Don Lorenzo Milani adottò il motto «I care» per indicare quella forma di sollecitudine verso l’altro, attenta e rispettosa, che motiva a mettere in moto forme di consapevolezza e risposte collettive. La comunità può essere quindi protagonista, mettendo in atto una serie di attenzioni e forme di prossimità che contribuiscono al benessere di chi la vive. In questo periodo l’isolamento generato dal distanziamento sociale è una condizione che sta esponendo molte persone sole, privandole di punti di riferimento e di supporto nella gestione di ansie e paure. Un’interessante risposta ha preso forma attraverso il progetto “Adotta una persona avviato dalla Comunità Operosa Alto Verbano, dove è stata attivata una rete di volontari in connessione con le principali istituzioni (Servizi Sociali, Croce Rossa, Comuni, Parrocchie) e organizzazioni del territorio per venire incontro a bisogni pratici quotidiani (come ad esempio la spesa), ma anche a necessità relazionali.

LA RETE SOCIALE CHE SA RIMODULARSI

Anche se nel Canton Ticino (CH) la situazione è meno grave che in Lombardia sono diverse le realtà impegnate a reinventare le forme, i modi e i tempi del lavoro sociale e educativo. A circa un anno dalla sua attivazione anche la «Rete Infanzia Mendrisio» è impegnata a riformulare le sue attività. Alcuni esempi: la Scuola si è riorganizzata con didattica online, e-mail o con recapito “porta a porta” del materiale cartaceo nella buca delle lettere, mentre l’Asilo nido sostiene la continuità della relazione con le famiglie e i bambini inviando filastrocche, canti, storie e brevi tutorial. «Crescere Insieme» organizza incontri online con mamme in gravidanza e neomamme. Il Centro Pediatrico mantiene attivi i controlli della crescita e dello sviluppo dei bambini fino a due anni (importanza di non ritardare le vaccinazioni) per cui sono state potenziate le consulenze telefoniche. L’«Associazione famiglie monoparentali e ricostituite» ha potenziato i propri servizi ai genitori single, separati, divorziati e vedovi. Il motto della Città di Mendrisio è «insieme, con energia, dialogo e passione».

SENTIRSI VICINI DA CASA

La complessa situazione in cui viviamo impone una temporanea trasformazione delle nostre abitudini, confinando le relazioni alle mura domestiche. La casa diventa il luogo delle attività quotidiane (lavorative, di studio o ricreative), si amplifica la sua valenza di spazio identitario e si fa «rifugio e sede dei nostri affetti». Allo stesso tempo, tuttavia, «rappresenta oggi anche dimora obbligata, limite alla nostra consueta libertà» [R. Galdini, “La città riflessiva: Luoghi, spazi, relazioni tra distanza sociale e giusta distanza”]; un limite tanto al movimento, quanto alla possibilità di interazioni sociali. Quest’ultime si sviluppano sempre più da remoto e in maniera digitale, ma il rischio è che le piattaforme web amplifichino sentimenti di solitudine e sensazioni di lontananza. Il progetto “Young on Demand” si rivolge ai giovani ripensando i loro spazi e proponendo iniziative variegate: la camera da letto si “apre” verso l’esterno, diventando il “set” di video e attività che stimolano la creatività dei ragazzi. Essi hanno la possibilità di interagire concretamente con la loro comunità di riferimento (coetanei ed educatori) attraverso le loro idee, le quali modellano e sviluppano esse stesse il progetto, e i loro prodotti. “Un antidoto contro la solitudine e la noia” come lo definiscono gli organizzatori.

LA PRATICA DELLA SOLIDARIETÀ NEI RAPPORTI DI VICINATO

In queste settimane di residenza forzata e disposizioni stringenti sulla necessità di mantenere le distanze di sicurezza, a farne le spese sono soprattutto coloro che non possono godere della presenza di un familiare o che si trovano in situazione di fragilità e/o difficoltà. Queste persone si trovano a sperimentare emozioni legate alla solitudine e all’abbandono, da cui la necessità di attivare le reti di maggiore prossimità e di vicinatoNella straordinarietà di questa situazione si creano così “nuove familiarità”, nuove appartenenze: la persona che vive nella casa accanto non è più un estraneo da lasciare fuori dalla porta, ma è la persona più prossima di cui prenderci cura. Sono molte le iniziative che, a questo scopo, sono state realizzate: dalla spesa a domicilio al “telefono amico” a favore degli anziani soli che non hanno accesso alle tecnologie informatiche e digitali su cui si realizza la maggior parte dei rapporti sociali odierni. Tra queste, anche l’iniziativa della Biblioteca Condominiale, sperimentata da un cittadino di Lecco all’interno del complesso abitativo di via Magnodeno nel quale risiede: i vicini mettono in condivisione, in una zona comune, alcuni libri che chiunque di loro può liberamente prendere. Il libro si fa portavoce di esperienze, desideri, passioni, luoghi che oggi ci è dato solo vivere “a distanza” e con l’immaginazione, ma che, grazie alla letteratura, possiamo condividere. Il dono crea relazioni sociali e le alimenta sulla base del principio di reciprocità; la solidarietà si esprime nella componente di “aiuto” che è alla base dell’iniziativa.Pratiche simili si stanno diffondendo in tutta Italia!

IL VALORE SOCIALE DELLA PARTECIPAZIONE

In tempi di distanziamento forzato, siamo stati catapultati in una dimensione surreale, isolante e spesso sconfinante in ritiro sociale. Tuttavia, se è vero che la distanza fisica è un limite e porta con sé difficoltà psicologiche, è vero anche che in questo periodo casalingo le persone hanno dimostrato voglia e capacità di reinventarsi per esprimere quel bisogno fondamentale di relazione che appartiene al genere umano. La socialità e i suoi spazi, e con questi il mondo dell’arte – tra i più duramente colpiti dalle misure emergenziali perché vive soprattutto di relazioni, di presenza e partecipazione – hanno trovato nuovi luoghi e nuove forme di espressione, favoriti dalla libera e ampia fruizione del web. In questo senso, eccezionale non è solo il tempo che stiamo vivendo, ma anche la spinta innovativa che alcune esperienze stanno sperimentando. È il caso del Festival ArtMaySound, da 14 anni organizzato da COOLtour, centro di promozione culturale dell’Associazione- Verein “La Strada – Der Weg” onlus, che quest’anno ha mantenuto l’appuntamento con il suo pubblico di affezionati organizzando il primo festival online dedicato alle arti e alla musica sotto la nuova etichetta di “ArtWebSound”. Nelle giornate dell’8 e 9 maggio 2020, le piazze virtuali di Facebook, Youtube e Instagram dedicate all’evento si sono popolate di appassionati di disegno, cinema e musica che hanno potuto prendere parte e interagire con le numerose iniziative previste dal programma. Attraverso la partecipazione e l’uso di nuovi spazi pubblici di condivisione, le persone sperimentano il valore aggiunto della fruizione virtuale di arte e cultura e il loro intrinseco significato sociale.

GLI ULTIMI A SUPPORTO DEGLI ULTIMI

L’accoglienza non si ferma, neanche a causa del Coronavirus: i progetti della rete SPRAR/SIPROIMI (destinati all’accoglienza di persone immigrate titolari di status di rifugiato o di protezione sussidiaria o minori non accompagnati) hanno l’obiettivo di costruire con il migrante il suo progetto di accoglienza e inclusione sociale. Durante l’emergenza, gli operatori e gli ospiti dei centri, adeguatamente informati e consapevoli, si sono mobilitati su tutto il territorio italiano per fare la propria parte nell’azione di contenimento del contagio da Covid-19 in cui è impegnata la comunità nazionale. In provincia di Catania, i beneficiari del programma di accoglienza cui fa localmente capo la Cooperativa San Francesco hanno dato vita al progetto “Amicizia virale” con lo scopo di attivare una rete di supporto per le persone più deboli, anziani o diversamente abili, impegnandosi nel disbrigo di piccole faccende quotidiane, come la spesa e l’acquisto e la consegna a domicilio dei farmaci.
Il servizio solidale dispone anche di una Community Web che diffonde attraverso un canale YouTube attività curate da operatori e beneficiari dei centri di accoglienza e dedicate anche a bambini e ragazzi, come l’ascolto guidato della musica, laboratori e letture di libri, oltre all’insegnamento delle lingue straniere, tra cui anche l’arabo.
In questa situazione emergenziale, la rete degli SPRAR/SIPROIMI continua a favorire lo scambio di esperienze tra le diverse realtà distribuite su tutto il territorio italiano ed è di incoraggiamento e sostegno specialmente per quelle più colpite.

INTRECCI DI VOCI

Prima il sisma, poi l’emergenza Covid-19. I disastri naturali amplificano le vulnerabilità sociali dei territori e, nonostante i quasi quattro anni dall’ultimo terremoto che ha colpito il Centro Italia, la difficile ricostruzione e la lenta ripresa economico-sociale di quei luoghi hanno sperimentato un ulteriore appesantimento a causa del lockdown degli ultimi due mesi. Tuttavia, il community building e la resilienza sociale, che si esprimono nel valore delle reti, del mutuo aiuto e della fiducia, sono capaci di agire positivamente sull’impatto dei disastri, diminuendo la vulnerabilità delle comunità che li sperimentano. Partendo da questa riflessione, vogliamo segnalare l’iniziativa “Storie al telefono” realizzata proprio nelle zone terremotate dell’Altonera dove l’Associazione di promozione sociale CASA Cosa Accade Se Abitiamo ha dato vita a un gruppo Whatsapp e un canale Telegram nel quale, in tre appuntamenti settimanali, condivide dei messaggi vocali contenenti le registrazioni di storie e libri realizzate dagli abitanti di Visso, Ussita e Castelsantangelo sul Nera. «Le storie sono il collante della vita sociale umana, definiscono i gruppi e li tengono saldamente uniti» [J. Gottschall]. Se anche il distanziamento fisico ha impedito alle persone di ritrovarsi per elaborare collettivamente questo momento, l’iniziativa, conscia dell’importanza di valorizzare il capitale sociale nell’emergenza, ha saputo creare un’occasione per dare nuovo slancio alla comunità, permettendo ai suoi membri di sentirsi vicini e uniti nell’affrontare l’incertezza e la paura derivanti da questa esperienza senza precedenti. Un abbraccio, questo, fatto di parole.

RISCOPRIRSI COMUNITÀ

In questo momento di chiusura forzata, i genitori e i familiari si sono trovati spesso impreparati di fronte alla necessità di riorganizzare la vita domestica che può prevedere, in molti casi, la gestione contemporanea del lavoro da casa e della cura della famiglia, creando situazioni di affaticamento e tensione. Bambini e adolescenti sono messi alla prova da isolamento forzato, ansia, perdita della routine e del contatto diretto con i pari. In questa fase di grande stress emotivo, le necessità di aiuto e sostegno nelle attività scolastiche sono anche più urgenti: non solo perché forniscono un sostegno concreto nell’apprendimento e nello studio a coloro che non riescono a stare al passo con la didattica online e non possono accedere a servizi di sostegno adeguati, ma anche perché diventano un momento di scambio e di svago utile al benessere psicologico di chi ne beneficia. Tendere una mano e usare un approccio basato sull’empatia, quindi: l’obiettivo del progetto “Teniamoci Per Mano”, realizzato da un gruppo di giovani di Varese insieme a COVO: Organizzazione Varesina di Orientamento e Cultura, è quello di dare vita a una rete solidale che contribuisca a creare nuovi rapporti sociali a sostegno di bambini e ragazzi in un momento di difficoltà notevoli. I giovani volontari offrono gratuitamente ripetizioni e aiuto nello studio e nell’apprendimento della lingua italiana (per i bambini da poco arrivati in Italia) per via telematica.

REINVENTARE LA MICRO-ACCOGLIENZA FRA PRESENZA E DISTANZA

In questi giorni di fine maggio si torna a respirare, se pur ancora timidamente, un’aria di “normalità”: con le dovute cautele, possiamo vedere parenti e amici, andare in ufficio, fare shopping oppure mangiare una pizza fuori casa. Ma cosa significa normalità per quelle persone che, da anni, vivono nei centri di accoglienza, in attesa di un permesso di soggiorno che tarda ad arrivare? Sono persone – uomini e donne, minori – spesso soli, che si ritrovano a condividere uno spazio e una quotidianità con altre persone sconosciute, di provenienza diversa, accomunate talvolta solo dall’esperienza migratoria o dall’iniziale del cognome. Se il confinamento sociale è stato difficile per tutti, forse lo è stato ancora di più per coloro che si trovano lontani dalle famiglie, in un contesto che percepiscono come estraneo e, talvolta, ostile anche per la difficoltà di comprenderne (per motivi linguistici e culturali) alcune dinamiche. Poi, però, ci sono gli operatori che lavorano accanto a queste persone e che, per far respirare loro un pò di “normalità”, li accompagnano in percorsi di integrazione, offrendo e promuovendo esperienze che rendano il più accogliente ed utile possibile la permanenza nelle strutture. Un lavoro, quello dell’operatore, che si basa sulla capacità di costruire la relazione con il beneficiario e la fiducia reciproca: «è per questo che ripensare e convertire tutti i servizi di accompagnamento in una presenza a distanza non è semplice». Lo afferma Stefania che ci ha segnalato l’esperienza della Cooperativa Sociale Kemay (Caritas Diocesana di Brescia) per la quale lavora, impegnata nella gestione di progetti di micro-accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati nelle parrocchie di Brescia e provincia – tra le zone più colpite dal virus. Stefania e il gruppo di lavoro si sono interrogati su come assicurare anche a distanza la continuità dei percorsi di integrazione e non perdere le reti di relazioni che li supportano, fatte di operatori, volontari, migranti, territori. Dopo un «primo periodo di ordinario smarrimento e frenetica riorganizzazione», sono riusciti a trovare un modo per tenere vivo questo senso di comunità: da qui, nasce il progetto “Kemay On Covid-19”, un contenitore di informazioni e di relazioni che continuano a esistere e si alimentano tramite nuove modalità. Sul sito dell’iniziativa sono disponibili una sezione dedicata all’approfondimento sanitario (multilingua) e un’altra sull’esperienza “da Comunità a Community”, dove operatori e ospiti raccontano la loro quarantena, condividono ricette e interessi, i primi forniscono consigli per la ricerca del lavoro..e molto altro!

SPAZI UMILI CHE RIDIVENTANO LUOGHI NOBILI

Balconi, terrazzi, cortili e giardini hanno rappresentato luoghi preziosi al tempo del lockdown, quando improvvisamente spazi pubblici e di interazione sociale sono stati attaccati dalle misure anti Covid-19 e la comunità si è trovata nascosta e isolata all’interno delle proprie case. Questi luoghi recintati o delimitati da una ringhiera sono diventati il simbolo della solidarietà e della creatività, ospitando canti, flashmob, bandiere. Ma soprattutto, hanno dato al nostro innato bisogno di socialità uno spazio per esprimersi, nella (ri)scoperta dei rapporti di vicinato e nella creazione di occasioni di incontro, talvolta impreviste, pur nel rispetto imposto del distanziamento fisico. La pandemia ha rimesso al centro l’importanza degli spazi di prossimità intesi quali luoghi di sentita partecipazione e condivisione, fatti di reti locali che, a seconda del contesto di riferimento, sono capaci di trovare i modi per auto-sostenersi. È a partire da questi presupposti che già nel 2015 è nato il progetto “Back Home” della Fondazione Maria Anna Sala con la costruzione nel caseggiato di Via Gentili 1 a Milano di uno spazio sociale lasciato libero dall’utilizzo commerciale: un appartamento condiviso dai condomini, poi aperto al vicinato (cui collaborano, anche i commercianti, la rete culturale e associativa locali), come luogo dove ritrovarsi e stare insieme, convivendo e svolgendo attività di gruppo realizzate in co-costruzione con i suoi abitanti, per lo più anziani, ma anche famiglie e giovani.
Non potendo in questi mesi accedervi a causa della diffusione del Covid-19, gli abitanti del quartiere hanno voluto mantenere vivo quel senso di comunità costruito nel tempo, stabilendo alcuni appuntamenti fissi di ritrovo con i propri vicini, ognuno dal balcone della propria abitazione, con musica, giochi, aperitivi. Tante le esperienze simili cui abbiamo assistito in tutta Italia; questo è quello che è successo in un altro condominio nel milanese: https://bit.ly/2XBL5Qj

VIVERI PER LA MENTE

Svantaggio economico-sociale e svantaggio culturale vanno spesso di pari passo e si alimentano vicendevolmente. A causa della crisi economica attuale, le famiglie stanno sperimentando condizioni di impoverimento crescente che, nei casi di vulnerabilità già conclamata, si traducono in minori opportunità materiali; la chiusura, poi, delle scuole e le difficoltà della didattica a distanza hanno gravato su queste situazioni, con la conseguenza che alcuni bambini e ragazzi più esposti a questo genere di fragilità e già meno partecipativi, rischiano di perdere interesse per la scuola fino a decidere di abbandonarla. Nelle aree della Provincia di Napoli a più alta densità di povertà educativa, circa 250 giovani e le loro famiglie sono stati coinvolti nel progetto CoroNauti con l’obiettivo di prevenire e contrastare la dispersione scolastica. L’iniziativa è stata realizzata, grazie anche al supporto di 20 scuole e 50 insegnanti, dall’Associazione Maestri Di Strada composta da équipe di educatori e professionisti, ma anche “genitori sociali”, che offrono, in condizioni di prossimità, servizi di tutoring individuale o gruppale, sviluppando metodologie educative di inclusione sociale attraverso le quali sostengono bambini e giovani nella costruzione di un progetto di vita secondo le proprie risorse, anche in condizioni difficili. In emergenza, le attività organizzate – dalla distribuzione di #viveriperlamente (device, sim e materiale didattico) e Wi-Fi di gruppo a chi non disponeva di queste risorse, a laboratori creativi online, web-tutoring scolastici, sfide a gruppi, supporto e consulenza a genitori e insegnanti- hanno coinvolto allievi, educatori, docenti, genitori e territorio, in un processo educativo di tipo partecipativo e co-generativo.

MASCHERINE SOLIDALI SOSPESE

Dal desiderio della Cooperativa Sociale il Sestante di Padova dare un contributo, piccolo ma concreto, per ridurre le distanze e le diseguaglianze sociali, nasce l’iniziativa “Mascherine Solidali Sospese”. Favorire processi di partecipazione ed inclusione secondo le misure di distanziamento sociale è stata la sfida che la cooperativa ha voluto cogliere per creare un’iniziativa solidale e comunitaria, che mira a favorire il benessere collettivo prendendosi cura di se stessi e degli altri. Partendo dalla cornice più ampia di città inclusive e comunità competenti, che mettano al centro il cittadino, le sue risorse, la sua salute e il suo benessere, si è deciso di avviare la realizzazione di mascherine solidali sospese prodotte grazie all’impegno di una comunità protagonista di processi di cambiamento. é stato così co-costruito un circolo solidale di sartoria diffuso nei quartieri, all’interno del quale, cittadini/e, volontari/e, migranti accolti, lavoratori/trici e soci/e della cooperativa hanno messo in campo le proprie competenze e risorse per realizzare mascherine solidali sospese accessibili a chi è in difficoltà in questo periodo. Importante sottolineare il valore culturale veicolato dalle coloratissime stoffe wax con le quali vengono realizzate le mascherine solidali. Questi tessuti,  noti anche con il nome wax prints, “stampa a cera” o “wax Hollandais” o Ankara”,  sono stati scelti perché ci raccontano una storia fatta di incontri, di viaggi, di opportunità commerciali, di identità costruite e tradizioni inventate, dall’Asia, all’Europa fino all’Africa che le ha quindi adottate riempiendole di simbolismi e appartenenza culturale. Come ci ricorda Anne Grosfilley “Il wax è un melting pot culturale, una sorta di superficie su cui si imprimono storie e significati” La sinergia con il territorio di riferimento, collaborazioni e nuove relazioni hanno permesso di attivare punti di distribuzione gratuita delle mascherine solidali sospese raggiungendo un grande bacino di persone. Ancora una volta, anche in questo periodo di cambiamenti e riorganizzazioni, attraverso questa iniziativa abbiamo avuto la prova di come una comunità competente, resiliente ed inclusiva  può farsi essa stessa promotrice di cambiamento sociale a favore del benessere collettivo. Tutto questo partendo anche da piccoli gesti di cura come tagliare della stoffa, recuperare dell’elastico o consegnare una mascherina scambiando un sorriso con lo sguardo.

S.U.P.E.R. OVVERO, IL MUTUALISMO DAL BASSO

Quanta solidarietà concreta e cura ci può essere nei movimenti sociali contemporanei? Quanto mutualismo nei collettivi di base e nei circoli ricreativi? Più di una risposta arrivano dalla straordinaria esperienza del Progetto S.U.P.E.R. (Supporto Popolare Unitario e Resiliente) attivato a Bergamo nei giorni più duri della pandemia sua iniziativa del Circolo Maite, e con il supporto di Ink Club, Barrio, Club Ricreativo di Pignolo, UpperLab, Csa Pacì Paciana, Arci Bergamo, La Popolare Ciclistica e il sostegno del Comune di Bergamo. Oltre 200 volontari e volontarie hanno dato vita ad una rete di solidarietà nei confronti di persone in condizione di fragilità. In un bel libro di qualche anno fa, Contro il niente: ABC dell’impegno, il filosofo Miguel Benasayag, metteva in luce il disincanto e la rassegnazione di molta cultura contemporanea, nonché le degenerazioni di un individualismo tanto edonista quanto nichilista. L’esperienza di S.U.P.E.R. fa leva sull’iniziativa sorgiva, dal basso, spontanea ma anche organizzata, capace di catalizzare e finalizzare energie e motivazioni su grandi obiettivi comuni. Una recente intervista ad alcuni dei protagonisti restituisce numerosi motivi d’interesse e apre svariati squarci di riflessione: un impegno che da senso esistenziale ad un periodo disorientante, misurarsi intensamente con la paura e la solitudine, una riscoperta meticolosa del territorio urbano (una città fatta di vicoli, condomini, cortili), la percezione della forza insita nella comunanza di luogo, la riconnessione della dimensione pubblica con la dimensione privata, il ruolo generativo dell’arte, della musica, della cultura.

GARANTIRE PROSSIMITA’

Tutti abbiamo sperimentato, con l’esperienza del confinamento a casa – e, in altro modo, anche adesso -, la diminuzione di occasioni di relazione. Alcune persone, che si trovano in condizioni di maggiore vulnerabilità sociale (a causa di problemi di tipo economico o perché appartenenti a categorie più fragili, come migranti, anziani o disabili) e che quindi necessitano di un maggior sostegno, hanno visto in molti casi aggravarsi la loro condizione di emarginazione, anche in relazione al venir meno o alla forte contrazione dei sostegni prima offerti dal sistema di welfare sociale. Il progetto “Tenere il Filo” realizzato dalla @spazioapertopovo – Kaleidoscopio Società Cooperativa Sociale di Trento nasce dal desiderio di poter dare un sostegno agli abitanti delle case popolari dei Comuni di Trento, Rovereto e Riva del Garda al fine di arginare potenziali situazioni di grave esclusione e isolamento sociale, abitativo e sanitario durante l’emergenza Covid-19. Gli operatori della cooperativa hanno garantito una reperibilità telefonica costante nei confronti di chi ne facesse richiesta, fornendo ascolto, accoglienza, prossimità e presenza – anche a distanza -, consulenze e consigli pratici su come orientarsi per l’esercizio dei diritti ed i servizi sul territorio della Provincia, in aggiunta a un supporto di tipo burocratico e linguistico, per gli stranieri, nella compilazione di documenti. Attività semplici, ma non per questo scontate, la cui importanza deriva dalla capacità di garantire una, se pur parziale, quotidianità anche durante la sua innaturale interruzione.